I cimiteri militari in Valle del Chiese: Bondo

Pubblicato: 14 Maggio 2013 in Senza categoria
Particolare della scalinata d'accesso al monumentale cimitero di Bondo; al centro si può notare il trigramma dell'imperatore: FJI (Franz Joseph I)

Particolare della scalinata d’accesso al monumentale cimitero di Bondo; al centro si può notare il trigramma dell’imperatore: FJI (Franz Joseph I)
Fonte: foto di Simone Marchiori.

Si è già detto sopra di come le autorità militari avessero emanato direttive precise per dare degna sepoltura ai caduti.

Anche sul fronte delle Giudicarie il comandante della 50a Mezza Brigata (con sede a Bondo), colonnello Theodor Spiegel, fece seguire queste disposizioni con particolare scrupolo.

Spiegel dispose che la progettazione e la realizzazione del cimitero militare che avrebbe dovuto accogliere i caduti di quel settore, fosse affidato al curato da campo, padre Fabian Barcata, originario della Val di Fiemme, al quale vennero concessi ampi poteri decisionali. Egli possedeva una spiccata predisposizione per la manualità e un raffinato gusto artistico derivante dai suoi studi.

Padre Barcata si mise subito all’opera affrontando il primo dei problemi: la collocazione del monumento. Dopo aver vagliato alcune ipotesi, decise che la migliore di queste risultava essere la zona a nord-est di Bondo, alla confluenza dei torrenti Arnò e Fiana in località Pedevle-Fortin, su un dosso costeggiato dalla strada erariale (ora strada statale del Caffaro)  vicino a quello che era all’epoca il cimitero civile. Alla base di questo dosso, esisteva da secoli una chiesetta dedicata a San Rocco, la quale, giudicata dallo stesso curato di scarso valore artistico, fu demolita per far posto all’imponente gradinata di accesso del cimitero. A questo punto scelse una quarantina di collaboratori (fra soldati e civili), circondandosi di scultori, scalpellini, artigiani del ferro, ecc.

Cominciarono, così, i lavori che prevedevano la realizzazione di tre settori ben precisi: la scalinata d’accesso, il cimitero lungo tutta la cresta del dosso e la cappella mortuaria, che avrebbe dovuto sorgere ad est, sul colmo del colle, ma la cui realizzazione avrebbe dovuto avvenire solo al termine del resto per non intralciare.

Per tutte le strutture si decise di utilizzare materiale del luogo: granito della Val di Breguzzo e marmo bianco di Trivena. Tutti i progetti e le sculture furono ideate da padre Barcata che poi distribuì fra i suoi aiutanti. Inoltre egli si accollò l’onere di rifinire tutte le opere più importanti: nessuna scultura usciva dai laboratori senza la sua supervisione e si può, quindi, dire che il monumento rispecchia il suo spirito e la sua precisa volontà.

Il primo periodo dei lavori fu rallentato dall’aviazione italiana che, scoperto il cantiere, temeva la realizzazione di strutture militari. Quando, però, si accorsero che era un opera di pace i vertici militari italiani dettero il preciso ordine di non bombardare la zona. Si continuò così a ritmo serrato per tutto il periodo del conflitto e, quando sopraggiungeva l’inverno, rendendo impossibile i lavori, la squadra di Barcata si dedicava all’intaglio degli oggetti più svariati, la cui vendita serviva per raccogliere fondi e per far regali alle truppe al fronte.

Nel 1918 il cimitero era praticamente concluso, ad eccezione della cappella e di alcune statue ornamentali destinate alla scalinata. L’arrivo delle truppe italiane interruppe tutto e padre Fabian Barcata decise di seguire in prigionia i suoi commilitoni. Tornato libero, fu richiamato dal genio militare italiano a finire l’opera, della quale erano rimasti tutti positivamente impressionati, ma, una volta giunto a Bondo, trovò una situazione totalmente diversa, riscontrando anche una forte ostilità dei residenti che avevano paura che il frate volesse portar via loro il lavoro. Decise, quindi, di ritirarsi in convento, ma poco dopo venne nuovamente richiamato dal comando militare italiano. Ritornò nuovamente a Bondo dove fu accolto ancora peggio della volta prima: un irredentista di Roncone lo accolse prendendolo a schiaffi. Amareggiato e deluso si ritirò definitivamente in un convento in Tirolo fino alla morte.

Cominciò così un periodo di totale abbandono del monumento. Durante il periodo fascista fu deturpato in vario modo: le bestie vi pascolavano senza alcun rispetto, il busto del colonnello Spiegel fu sfregiato e fatto sparire (fu ritrovato solo dopo la Seconda Guerra Mondiale), e sulle inziali di Francesco Giuseppe, al centro della gradinata, fu dipinto il tricolore. Solo durante la Seconda Guerra Mondiale l’autorità tedesca nominò curatore del cimitero un cittadino ceco, ma sposatosi con una donna del posto: Giovanni Klement. Egli dedicò la sua vita alla cura  del luogo. Nello stesso periodo anche la gente di Bondo, da sempre legata al monumento, cominciò a muoversi per formare un comitato che provvedesse al restauro. Arrivarono poi anche degli accordi internazionali che inserirono il cimitero austro-ungarico tra le opere da conservare in eterno.

L’ultimo restauro risale al 1990 e vide la sabbiatura di tutte le parti in granito, nonché la pulizia delle parti in marmo.

Riposano nel cimitero le salme di 697 soldati appartenenti alle nazionalità dei Paesi che al tempo della Grande Guerra componevano l’Impero asburgico. Le salme italiane  e quelle dei caduti di origine locale sono state da tempo trasferite o nell’Ossario di Castel Dante (Rovereto) oppure nei cimiteri dei paesi della valle.

Attualmente il cimitero monumentale si presenta ottimamente curato e vede, finalmente, riconosciuto il suo valore artistico. Al visitatore ispira ancora quelle sensazioni per le quali venne concepito da padre Barcata e, cioè, un forte senso di pace e di vicinanza a Dio.

Cercando di descriverlo brevemente, si può dire che, passando per la statale 237 del Caffaro, salta subito all’occhio l’imponente scalinata che si biforca due volte in due scaloni concentrici. A metà, dove queste scale si incrociano, sorge un grande muro con la scritta F. J. I, quale dedica all’amatissimo imperatore Francesco Giuseppe I (morto nel 1916), incorniciata da due teste d’aquila e da una spada medievale. Il parapetto soprastante è stato traforato per formare la K di Kaiser (imperatore), mentre tutto il resto è decorato con delle croci oblique. Sempre a metà scalone vi è una fontana con al centro un bambino che regge una corona: simboleggia l’innocenza e la vita; in cima alle scale, invece due leoni, fanno la guardia alla maestosa stele commemorativa. Essa al suo apice porta un’aquila con lo sguardo rivolto verso quello che un tempo era il confine di Stato, mentre alla base si trovano due bassorilievi: uno riporta una scena agreste a simboleggiare la pace, mentre l’altro dei soldati, fra cui il colonnello Spiegel, per rappresentare la guerra. In origine era presente anche una scritta in tedesco che diceva das Vaterland seinen Heltern (“la patria ai suoi eroi”), ma in seguito venne rimossa. Nel suo insieme, questo accesso al cimitero vede dominare la linea verticale, tanto che, dal fondo dello scalone si ha l’impressione di una crescente elevazione, arrivando perfino a credere che tutto il cimitero militare sia contenuto lì. Passando al piano di sepoltura, l’area si articola in vari settori a cui si accede da vari vialetti e scalinate che si aprono in mezzo alla vegetazione messa a dimora dallo stesso padre Fabian Barcata. Ogni settore presenta gruppi di cippi numerati per ogni caduto e ogni gruppo ha un suo particolare monumento. Ed è proprio in questi monumenti che si fa un ricco uso della simbologia cristiana, associata ad elementi nordici, che stanno ad indicare che la morte è solo una via per la vita eterna. Interessante un monumento fatto da tanti blocchi di pietra che riporta i nomi dei soldati dell’Impero di diversa nazionalità: essi sono morti tutti per la stessa patria e, quindi, la loro tomba rappresenta un vincolo di continuità fra le diverse popolazioni dell’Austria.

Risulta evidente come questo monumento, con la sua pace solenne, rappresenti un elemento importantissimo per la Valle del Chiese: il suo inestimabile valore artistico fa coppia con la sua carica suggestiva, che in un attimo fa capire l’inutilità della guerra, ma anche la certezza dell’Aldilà in cui vivere tutti in pace, indipendentemente dalle proprie origini.

Un gruppo di sepolture all'interno del cimitero monumentale di Bondo.

Un gruppo di sepolture all’interno del cimitero monumentale di Bondo.
Fonte: foto di Simone Marchiori.

Bassorilievo posto alla base della stele in cime alla scalinata del cimitero monumentale. Al centro si può notare il colonnello Spiegel, capo delle operazioni in Giudicarie

Bassorilievo posto alla base della stele in cime alla scalinata del cimitero monumentale. Al centro si può notare il colonnello Spiegel, capo delle operazioni in Giudicarie.
Fonte: foto di Simone Marchiori.

Uno dei leoni che dominano la scalinata s'accesso al cimitero monumentale.

Uno dei leoni che dominano la scalinata s’accesso al cimitero monumentale.
Fonte: foto di Simone Marchiori.

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